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Quale sicurezza per il patrimonio architettonico?

Mantova, 30 novembre-2 dicembre 2006

Sin dalla sua fondazione, l’ARCo si è battuta affinché il patrimonio architettonico storico fosse sottratto, in virtù delle proprie specifiche caratteristiche materiali e tecnologiche, all’applicazione delle norme relative alla sicurezza (statica, antincendio, impiantistica), derivate dalle nuove costruzioni. È indubbio che importanti risultati in tal senso siano stati raggiunti. Lo testimoniano i progressi teorico-metodologici conseguiti negli ultimi anni, la consapevolezza di tali temi da parte di un numero crescente di operatori e le non poche realizzazioni. Ci si deve però domandare se tali risultati siano realmente soddisfacenti se commisurati alla pratica corrente del restauro e del recupero. Appare quindi necessario ed urgente non soltanto misurare lo iato esistente tra teorizzazioni e pratiche realizzazioni, ma anche domandarsi se – ed in che misura – un tale iato sia o meno imputabile ad un deficitteorico e metodologico. È anche indispensabile proporre un nuovo tipo di formazione destinato ai tecnici ai quali l’ARCo si rivolge.

A distanza di due anni dall’ultimo incontro, tenutosi a Baia nel 2004, il convegno dell’ARCo rappresenta quindi, ancora una volta, l’occasione per affrontare il tema della conservazione del costruito storico, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e del mutato assetto normativo, attraverso l’esame di casi concreti. 

Temi del convegno

1.    Il rischio: metodi di valutazione e determinazione dei livelli accettabili

La conoscenza del rischio cui si trova esposto il patrimonio architettonico è argomento complesso, sia per il notevole numero di manufatti nel territorio, sia per le difficoltà connesse alla previsione di occorrenza di eventi naturali distruttivi ed alla valutazione della vulnerabilità. 

La Carta del Rischio dei Beni Culturali contiene ancora lacune, sia a livello metodologico che di raccolta delle informazioni. Al fine di definire correttamente una strategia di prevenzione è necessario stabilire graduatorie e livelli di rischio accettabili, per giustificare interventi conservativi basati sulla manutenzione e sul miglioramento.

 

2.    Monitoraggio e manutenzione, strumenti per la conservazione e la prevenzione dai rischi 

Valutati, a valle di una approfondita conoscenza e di una diagnosi accurata, la funzionalità statica in condizioni di esercizio ed il rischio nei riguardi di eventi naturali, si potrà garantire la conservazione della costruzione storica attraverso un controllo periodico (monitoraggio) e mediante interventi di manutenzione, che lo stesso monitoraggio indicherà quando necessari. 

Proprio attraverso un corretto programma di verifiche, non solo strumentali ma anche visive, è in molti casi possibile garantire la sicurezza evitando interventi invasivi. 

 

3.    La gestione delle emergenze e gli interventi di messa in sicurezza

Gli ultimi eventi naturali, in particolare quelli sismici, hanno confermato le criticità connesse alla gestione della fase di emergenza. Nell’immediato post-evento è infatti necessario procedere ad un rapido rilievo dei danni, che tuttavia deve essere sufficientemente accurato per valutare la necessità di opere urgenti di messa in sicurezza, per la salvaguardia del manufatto nel periodo precedente l’apertura del cantiere di restauro. 

È proprio in queste situazioni di urgenza che, talvolta, vengono commessi gravi errori, attraverso demolizioni parziali, interventi invasivi ed irreversibili, opere provvisionali inutili e costose. 

 

4.    Le esigenze di sicurezza nell’architettura storica: struttura, impianti e fruizione

La progettazione delle nuove costruzioni è basata sul moderno concetto di sicurezza, applicato ai diversi livelli: affidabilità statica, sicurezza antincendio, funzionalità degli impianti, abbattimento delle barriere architettoniche. 

Trasferire queste regole nel recupero del costruito storico non solo è problematico ma, in molti casi, non risulta neanche giustificato. È quindi necessario, anche in questo settore, dare delle risposte alla domanda posta dal titolo del convegno.   

 

5.    Tecniche tradizionali e nuovi interventi per la conservazione del patrimonio architettonico

L’osservazione dei danni al costruito storico, in particolare a seguito dei recenti terremoti, ha chiaramente dimostrato il fallimento della “tecnica moderna” nel restauro statico, ed il buon comportamento delle costruzioni che ancora conservavano la concezione strutturale originale, eventualmente migliorata con interventi tradizionali. 

Tuttavia, l’innovazione ci propone sempre nuovi materiali e tecniche di intervento, sviluppati con l’obiettivo di essere non solo efficaci ma anche compatibili con il costruito storico. È quindi indispensabile valutare l’opportunità della loro utilizzazione nel campo della conservazione, senza pregiudizi ma con la precauzione e lo spirito critico necessari. 

 

6.    Il miglioramento: la soluzione per la conservazione in sicurezza dei centri storici

La possibilità di intervenire seguendo i principi del miglioramento, in alternativa all’adeguamento, si è ormai affermata in tutti i documenti normativi che riguardano il patrimonio tutelato in base al Decreto Legislativo n. 42/2004. Ne restano invece esclusi gli edifici storici privi di quel vincolo, che pur se tutelati sul piano urbanistico, non sfuggono all’obbligo dell’adeguamento sismico in occasione degli interventi di recupero. Ci si chiede quanto sia corretto imporre, per un edificio storico, gli stessi livelli di sicurezza di una nuova costruzione, peraltro da certificarsi sulla base di modelli di calcolo spesso non attendibili, e senza tenere in alcun conto il collaudo della storia. 

 

7.    Innovazione normativa e tecnologica nella conservazione dell’architettura storica: opportunità e ostacoli

Le norme attuali pongono forti vincoli alla libertà di elaborazione del professionista, specie quando si opera sul patrimonio architettonico storico, così diversificato e non riconducibile a schemi precostituiti. Tuttavia, tali norme rappresentano anche una garanzia per il professionista e la mancanza di strumenti di modellazione e verifica può indurre, per un principio di precauzione, ad adottare interventi non necessari o troppo cautelativi. 

È il momento di esplicitare, accreditare ed introdurre nell’apparato normativo criteri di verifica specifici del miglioramento. Ugualmente critico è il rapporto con l’innovazione tecnologica, che ci propone sempre nuove soluzioni, spesso promettenti ma che necessiterebbero di una lunga sperimentazione.

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